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Domenica, 28 Aprile 2024
L'intervista

Luca Bizzarri a Napoli con 'Non hanno un amico': “Prendo in giro me e la mia generazione di eterni adolescenti”

Da Vannacci a Giambruno. Da Rocco Siffredi agli attentati al Crocus City Hall di Mosca, l’artista genovese parla di tutto e tutti nel suo ormai noto podcast che è diventato anche uno spettacolo che giovedì 28 marzo porta al Teatro Bellini

Luca Bizzarri, per ora, non sente l’esigenza di stare in tv con un programma tutto suo. È troppo preso da scrivere il nuovo libro che dovrebbe essere sulle dipendenze. Soprattutto è immerso in “Non hanno un amico”, il celeberrimo podcast edito da Chora Media che da lunedì al venerdì parla di politica e dell’attualità a tutto spiano.

Un successo che, forse, ha sorpreso anche lo stesso Bizzarri, del resto, i numeri sono formidabili: cinquantamila ascolti giornalieri e un milione di streaming al mese. Da qui l’idea di una tournée teatrale iniziata un anno fa dove non mancano i sold out. La versione teatrale di Non hanno un amico arriva giovedì 28 marzo al Teatro Bellini di Napoli.

Certo, l’attentato al Crocus City Hall di Mosca e la decisione costretta di Kate Middleton di parlare del suo cancro, non sono notizie che sempre lo permettono, ma Non hanno un amico è una pillola che garantisce una dose quotidiana di buon umore offrendo uno squarcio di ciò che accade nel mondo, rivelando una parte di noi stessi e Bizzarri ce la mette tutta per farlo con l’arguzia che gli appartiene.

La conduzione de Le Iene, la parentesi al Festival di Sanremo accanto a Gianni Morandi, l’originalissimo cult di Camera Café e il ciclo di Immaturi tra film e serie (tutti progetti condivisi con Paolo Kessisoglu, suo storico partner artistico con cui firma le copertine di DiMartedì su La7) sono alcuni dei successi ai quali Bizzarri è legato, imponendo la sua sagacia che non manca nelle interviste o quando scrive un post sui social. Questa stessa sagacia unita alla sua ironia graffiante è il marchio di fabbrica del podcast Non hanno un amico e anche dell’omonimo spettacolo teatrale, scritto con Ugo Ripamonti.

Esattamente come nel podcast al centro di Non hanno un amico c’è la comunicazione politica dei nostri tempi, i fenomeni social, i costumi di un nuovo millennio confuso tra la nostalgia del novecento e il desiderio di innovazione tecnologica e sociale. In un’ora di racconto, l’artista genovese ci porta a ridere di noi stessi, delle nostre debolezze, dei nostri tic.

Intervista a Luca Bizzarri

In queste ore il podcast ha appena superato i 381 episodi. Tra pochi giorni si arriva al traguardo delle 400. La quantità delle views parla da sole, per non parlare della versione teatrale. Si è andati ben oltre le più rosee aspettative.

“Chi l’avrebbe mai detto! Quando abbiamo iniziato sarebbe dovuto durare 20 giorni e occupare solo una parte minimale della mia vita professionale e invece, in questo momento, Non hanno un amico sta prendendo una parte principale…”

Come avete strutturato Non Hanno un amico in teatro? E in scena come mantiene la finestra sull’attualità?

“In teatro, all’inizio, avrei dovuto portare un pot-pourri di episodi, ma pian pianino, mi sono ritrovato a scrivere qualcosa di completamente nuovo. È un racconto dove entra l’attualità, infatti, è da un anno che porto in giro questo spettacolo ma in questa stagione è diverso, sono state fatte delle modifiche perché nel frattempo sono entrate delle notizie d’attualità, partendo sempre da un punto di vista che di fatto è un confronto generazionale tra la nostra generazione, quella che ci hanno preceduto e quella dei ventenni di oggi. Ovviamente, la quotidianità chiama elementi sempre nuovi. Mica potevo tenere fuori Vannacci e Giambruno. Ho cambiato il finale inserendo qualche passaggio dedicato all’amore.”

Luca Bizzarri Foto Alessandro Bachiorri

Descrivendo la versione teatrale di Non hanno un amico dici che al centro ci sono i costumi di un nuovo millennio confuso tra la nostalgia del novecento e il desiderio di innovazione tecnologica e sociale. Effettivamente, ci troviamo in un periodo caotico, in cui, probabilmente i nostri ragazzi hanno più consapevolezze rispetto alla nostra generazione.

“Io sono molto duro con la mia generazione. Ho la sensazione che noi siamo stati pessimi come figli e pessimi come genitori. Molti dei problemi che i ragazzi hanno oggi derivano anche dall’incapacità della nostra generazione di fare il mestiere dei genitori molti non hanno saputo dare il giusto equilibrio: o li hanno considerati troppo o non li hanno considerati affatto. Tutto ciò mette addosso un fardello che soprattutto in adolescenza non si può sopportare. Per esempio, i nostri genitori ci hanno trattato tenendo conto della reale età che avevamo con un cervello che si stavano via via sviluppando. Adesso, i quattordicenni sono trattati da trentenni, forse perché gli adulti vorrebbero essere come gli adolescenti. Questo è un disastro!”

Ascoltando l’episodio di ieri di Non hanno un amico parli delle accuse mosse dalla giornalista contro Rocco Siffredi. Tra le cose che balza di più nella puntata è l’accento che poni sulla tendenza che oggi si ha nell’alzare subito dei polveroni perdendo quella capacità nel dare il giusto peso a ciò che accade. Quanto incide quest’assenza di equilibrio in tutte le sfere della società?

Credo che questo dipenda proprio da questa eterna adolescenza che viviamo. La vittimizzazione, l’offesa, sono caratteristiche tipiche della pubertà. Per esempio, quando si è adolescenti non sopporti quando ti dicono che hai brufoli, mentre da adulto te ne infischi. Secondo me, questo è il male del nostro vivere. Noi viviamo tutto come dei ragazzini fumantini, quindi uno scambio tra due adulti, di cui uno dei due è palesemente maleducato, diventa un caso mediatico, le persone vanno in tribunale, perché oggi c’è il reato di maleducazione, semplicemente perché nessuno riesce a mettere le cose al proprio posto, prendendo le cose con una leggerezza adulta.”

Mi spieghi che significato ha per te il modo di dire ‘Non hanno un amico’?

Significa che nessuno di noi è più disposto ad avere persone che mettano in discussione le idee. Tutti noi cerchiamo di contornarci di persone che ci dicano solo che siamo nel giusto. Per esempio, questo succede nei social. Ognuno ha la sua bolla dove ognuno segue solo la sua ‘squadra’ e si combatte contro quelli che fanno parte dell’altra, che nella nostra testa sono nostri avversari. Poi della verità, dei fatti, delle circostanze non frega niente a nessuno. L’importante è tifare per la tua ‘squadra’ e restare tra i tuoi. Questo diventa il male della società, perché non c’è più il ragionamento. Diventa solo uno scontro tra bande, che a volte diventano anche bande che si mischiano…”

Cioè?

“Per esempio, domenica, su un post su X, ho scritto quanto mi abbia colpito vedere anche come vengano trattati quei quattro che venerdì hanno sparato su della povera gente in quel teatro a Mosca (ndr La strage rivendicata dall’Isis alla sala concerti Crocus City Hall alla periferia di Mosca dove ci sono state 139 vittime tra cui tre bambini. Per l’attentato sono state arrestate dai servizi di sicurezza quattro persone). Il fatto che passi con tranquillità che a uno gli mozzino un orecchio mentre e a un altro gli mettano dei cavi di alta tensione sui testicoli, così, come se fosse normale. Forse, invece, bisognerebbe pensare che un Paese civile debba trattare anche i colpevoli con umanità. I commenti sotto al mio post sono una sequela di insulti. Da chi mi dice ‘Vorrei vedere se lì ci fosse stata tua madre’ senza capire il senso di cosa io abbia realmente scritto. All’improvviso, sono riapparsi anche i No Vax che hanno commentato fuori contesto. E’ stato tutto un mischiarsi di prese di posizione che a volte non c’entrano nulla. Che cavolo c’entrano i no vax con gli attentatori di Mosca? Però vogliono esserci. È assurdo! Naturalmente, stiamo parlando dell’ex Twitter che è la cloaca massima della disperazione umana. Ringraziando il cielo quello non è il mondo, Twitter è solo la pozzanghera di gente che si sente importante ma che ha un peso minuscolo sulle sorti dell’universo. Però, è indicativo”.

In foto Luca Bizzarri

A proposito dei social. Si sa, anche lì tu non le mandi a dire. Hai avuto anche parecchi alterchi con personaggi pubblici ed esponenti della politica. Hai collezionato anche un notevole numero di insulti. A parte Carlo Calenda che per 24 ore ti ha fatto gestire come social media manager le sue pagine, c’è qualcosa che ancora continua a meravigliarti?

“Devo dire che per me è sempre un esperimento. È sempre un tentativo, pericoloso, nel guardare dentro l’abisso. E Ogni volta scopri che c’è un fondo sempre più fondo rispetto a quello che pensavi. Non solo mi meraviglio ma, ecco, mi viene in mente una bellissima risposta di Franco Battiato quando gli chiesero se guardava il Grande Fratello. Lui rispose di no perché preferiva sentirsi ‘un cretino in mezzo agli intelligenti, anziché sentirsi un intelligente in mezzo ai cretini’. Io sono il contrario di Battiato, godo a sentirmi intelligente in mezzo ai cretini. Per cui io su Twitter, guardo i cretini e mi dico ‘ah, ma io non sono così’ e non mi accorgo che anch’io sono nello stesso campo a giocare lo stesso gioco. (Ride ndr) Lo ammetto, lo faccio per gratificazione personale. Perché su Twitter la mia mediocrità diventa qualcosa che spicca e questo mi tranquillizza”.

Tentato di portare anche in televisione o su qualche piattaforma un format che ti permetta di andare così a briglia sciolta, che sia irriverente e libero anche nel linguaggio?

“Allora dello spettacolo Non hanno un amico abbiamo fatto le riprese e molto probabilmente sarà visibile su qualche piattaforma. Però la tv generalista, per come la intendiamo, in questo momento non mi attrae per nulla. A vicenda, non siamo attratti l’uno dall’altra. Intanto, la satira in televisione c’è sempre meno. Se pensi a programmi sulla satira politica in Rai non ci sono più da anni e non da quando è arrivato in centro destra, ma da molto prima. Oggi ci siamo Paolo e io con la copertina di DiMartedì, Propaganda Live e Maurizio Crozza a fare satira politica, per il resto, credo, si scarseggi in questo. Vuol dire che i politici si fanno tutto da soli facendo sia la politica che la satira”.

Quindi, sotto questo punto di vista, la tv non ti manca affatto?

Diciamo che lo spazio che io e Paolo abbiamo da Giovanni Floris a DiMartedì su La7 è un’isoletta felice in cui possiamo dire tutto quello che ci pare in quel quarto d’ora e va molto bene, anche con gli ascolti. Quello è il posto dove, per adesso, mi piace stare. Infatti, se mi chiedessero quale programma che va in onda ti piacerebbe fare io non saprei cosa rispondere”.

Giovedì sera sarai al Teatro Bellini di Napoli con Non hanno un amico. Da un punto di vista morfologico urbanistico, Genova e Napoli non sono poi così diverse…

Assolutamente, sono molto simili. Alcuni fa, ho avuto il piacere di girare a Napoli un film, Colpi di Fortuna, e quindi ci sono stato per un po'. C’è quest’enorme similitudine sono entrambe città di mare. Caratterialmente siamo leggermente l’opposto (ride ndr). Sono molto curioso di vedere come gli spettatori napoletani reagiranno a Non hanno un amico, perché non è un pubblico facile. I napoletani hanno molto forte il senso dell’ironia da entrare nel mood dello spettacolo. Per un’ora e mezza l’invito è quello di non pensare al futuro e di ridere con me di ciò che siamo. La mia presa in giro parte da me, dalle mie debolezze e paure.”

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